Quel โDakar โ18โ che fa bella mostra di sรฉ nel titolo di questโopera รจ a dir poco illusorio. Meglio chiarirlo subito: qui Dakar ce nโรจ davvero poca, per lo piรน compressa negli aridi bollettini di fine tappa, quasi fosse un mezzo fastidio, un dente da tirar via alla svelta. Al netto di una penna ispirata, a tratti formidabile, e di un ritmo trascinante, il risultato delude, sa di occasione sprecata, privo comโรจ di un adeguato equilibrio tra lโesperienza intima, quasi egoistica del viaggiatore e lโodissea collettiva della gara. Si ha quasi lโimpressione che Batini e Acerbis trovino abbastanza tediosa lโidea di approfondire lโennesima Dakar della loro vita, il cui racconto difatti resta costantemente marginale, periferico, e preferiscano invece concentrarsi su altro. Tanto contorno, poco tassello. Sensazione che non cambia sfogliando le numerose illustrazioni, cartoline di viaggio piรน o meno degne di nota. E la Dakar? Latita anche qui; i rari scatti che hanno la pretesa di immortalarla tradiscono il fare sbrigativo di un compitino eseguito alla bellโe meglio. Se รจ vero, come scrivono gli stessi autori a pagina tre, che la quarantesima edizione della Dakar รจ stata grande, storicamente eccellente, allora avremmo voluto vederne le prove, quantomeno gli indizi, i volti impolverati, gli occhi vinti dalla stanchezza, le lacrime di un ritiro, la gioia del traguardo, quel โromanticismo della faticaโ che รจ senso stesso e maledizione di questa gara, lโunico modo per poter dire di esserci stati, viatico obbligatorio per la leggenda.
(Libreria Dakariana)