12 maggio 1957, ventiquattresima edizione della Mille Miglia, la corsa degli italiani. Una Ferrari guidata dal marchese spagnolo Alfonso De Portago esce rovinosamente di strada uccidendo nove spettatori. Tra essi ci sono cinque bambini. Con loro perdono la vita anche De Portago e il suo co-équipier, l’americano Edmund Nelson.
La gara non viene sospesa. Ma una volta seppelliti i morti scoppiano le polemiche. Saranno colossali e travolgeranno la corsa, che verrà abolita. Ma siamo in Italia e così si cerca un colpevole, che viene presto identificato nella figura di Enzo Ferrari, il costruttore modenese delle più famose automobili sportive del mondo.
Le accuse puntano l’indice verso di lui. Subito si apre un’indagine. A Ferrari vengono ritirati il passaporto e la patente, come se alla guida dell’auto di De Portago ci fosse stato lui. La perizia tecnica ordinata dal tribunale lo inchioda. Ferrari viene incriminato per omicidio colposo plurimo, e rischia di finire in carcere per qualche decennio.
In un’Italia ancora fortemente cattolica, scende in campo anche la Chiesa. L’Osservatore Romano, l’organo d’informazione del Vaticano, lo accusa di essere un "Saturno ammodernato che divora i propri figli", dove per figli si intendono i piloti.
Dopo un momento di smarrimento, così insolito per il Drake, toccato nel profondo dalla tragedia, Ferrari parte al contrattacco, in quella che sarà la battaglia più difficile della sua leggendaria esistenza.
In un crescendo di emozioni fino all’epilogo finale, come una corsa a trecento all’ora, il libro attinge ai documenti originali del processo consultati per la prima volta nella loro interezza e si legge come un legal thriller d’autore.
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