In un automobilismo sportivo costellato di campioni italiani quali Lodovico Scarfiotti e Mike Parkes, alla metà degli anni Sessanta, Lorenzo Bandini fu di certo fra i piloti più amati e acclamati dal pubblico.
A lui sono legate imprese come la vittoria alla 24 Ore di Daytona e la 1000 Chilometri di Monza del 1967, entrambe con la Ferrari 330 P4. Lo stesso anno, Bandini perse la vita sul circuito di Montecarlo.
La cronaca di quegli ultimi giorni e delle ultime ore del valente campione sono narrate in questo piccolo, appassionato, quanto prezioso libro - Addio Bandini - pubblicato proprio nel 1967, da un testimone veridico dei fatti, Franco Lini, all’epoca direttore sportivo della Scuderia Ferrari.
Al giro numero 82, la tragedia: in uscita dal tunnel Bandini, probabilmente esausto per tutte le energie spese fino a quel momento, giunse alla Chicane a velocità insolitamente troppo elevata. La sua Ferrari 312 urtò contro una bitta di ormeggio della banchina, decollò e ricadde capovolgendosi e prendendo fuoco.
Arrivarono i commissari, spensero l'incendio ma quei minuti in cui il rottame della sua Ferrari rimase avvolto dalle fiamme si rivelarono devastanti.
Il pilota venne estratto vivo ma in condizioni disperate e immediatamente ricoverato. La diagnosi lasciava aperto lo spazio solo alla forza della speranza: ustioni di terzo grado sul 90% del corpo. Passarono le prime 24 ore e Lorenzo Bandini sopravvisse. Ne trascorsero altre 24 e la lotta feroce per farcela riuscì a proseguire. Ma dopo altre 24 ore, il 10 maggio, Lorenzo Bandini abbandonò la corsa più difficile della sua vita.
Ovunque, radio, giornali, televisioni, piansero la scomparsa di un bravissimo pilota e di un uomo amato incondizionatamente da tutti. Anche da Enzo Ferrari.
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