Fine ottobre 1961, la cosiddetta “Rivolta di Palazzo” che avviene alla Ferrari porta al licenziamento in tronco da parte del Commendatore di ben otto elementi che hanno composto lo zoccolo duro del team di Maranello, capaci di contribuire in maniera determinante all’appena conquistato titolo mondiale di Formula Uno in quella stessa stagione.
Tra questi il progettista Carlo Chiti e il direttore sportivo Romolo Tavoni che, assieme a buona parte dei transfughi, decidono, grazie all’apporto di tre facoltosi imprenditori dell’epoca, Giorgio Billi, Giovanni Volpi di Misurata e Jaime Ortiz Patino, di creare una nuova scuderia tutta italiana, la Automobili Turismo e Sport (ATS): è il febbraio 1962, la sede viene fissata in via Altabella 17, nel centro di Bologna.
Pochi mesi più tardi, alla presenza del pluricampione del mondo Juan Manuel Fangio, viene posta la prima pietra di un futuristico stabilimento a Pontecchio Marconi, dove sarà costruita non soltanto la monoposto di Formula Uno, ma pure una vettura stradale Gran Turismo.
L’interesse che suscita all’epoca questa iniziativa è enorme, sia per la qualità e le doti di chi compone la scuderia, sia perché in molti vedono nell’ATS la vera antagonista delle Rosse del Cavallino Rampante.
A dicembre la monoposto Tipo 100 viene presentata in pompa magna nel più lussuoso hotel del capoluogo emiliano, il Baglioni, mentre arriva l’ennesimo colpo ad effetto: la coppia di piloti ingaggiata è quella che ha corso per la Ferrari nel campionato appena concluso, l’ex campione del mondo Phil Hill e l’astro nascente italiano Giancarlo Baghetti.
Questa è la storia, attraverso le parole dei reduci di allora e dei documenti dell’epoca, della scuderia bolognese, della sua breve avventura nella stagione 1963 nel campionato di Formula Uno e della ATS 2500 stradale, una vettura innovativa presentata al salone di Ginevra e capace di prendere parte alla Targa Florio del 1964.
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Storico; Corse