Con la prefazione di Antonio Amadelli, storico dell’automobile che è stato responsabile del Centro Storico Fiat e direttore del Museo dell’automobile “C. Biscaretti di Ruffia” di Torino, il volume (frutto di un lungo lavoro documentario presso l’archivio storico Fiat di Torino) è la ricostruzione della vita, della carriera e dell’opera del grande progettista di origini neivesi. Nato a Roma quasi per caso (il padre si trovava là per motivi di lavoro, era infatti carabiniere) visse la sua prima infanzia a Neive (paese d’origine del padre) e poi con la famiglia si trasferì ad Alba, dove frequentò il Liceo classico “Govone”. Entrato alla Fiat giovanissimo dopo la laurea in Ingegneria al Politecnico di Torino, Giacosa passò alla Fiat 42 anni della sua vita, durante i quali progettò in pratica tutte le vetture della casa torinese, dalla Topolino alla 600, dalla 500 alla 124, per arrivare alla 128 e alla 112. Non solo: durante la guerra realizzò il progetto della Cisitalia, l’auto da corsa che, a fine agosto 1946, sfrecciò in una memorabile gara nel circuito del Valentino (Torino). Sette vetture perfettamente uguali guidate da altrettanti famosi piloti, tra cui Nuvolari, Biondetti, Dusio. Conservò con l’Albese uno stretto rapporto. Negli anni dello sfollamento la sua famiglia viveva stabilmente sulle colline albesi (nella cascina denominata Il Perucca) e in città c’erano alcuni dei suoi più cari amici: l’avvocato “Nandin” Gioelli, l’imprenditore vinicolo Felice “Cin” Bonardi (di cui era anche cugino), il medico Dogliotti e la sua famiglia. Anche per la sua conoscenza delle Langhe, diede un contributo importante nel periodo della Resistenza. A Neive (dove lui, la moglie e i genitori sono sepolti) sono tuttora viventi alcuni suoi cugini. Di lui (e della bellissima moglie Laura Gherzi-Paruzza) parla anche Fenoglio ne “Il Partigiano Johnny”. La sua attività nella Casa torinese è stata ad altissimo livello: si può con certezza affermare che molte delle auto che hanno contribuito a motorizzare l’Italia dagli anni ’50 in poi siano frutto della mente di Giacosa, riconosciuto universalmente come progettista eccezionale e uomo dalla dirittura morale unica. Negli anni in cui la casa torinese la Fiat investiva in ricerca, sulla stregua di quanto stavano facendo General e Motors e Chrysler negli Usa, Giacosa trovò il tempo di dedicarsi all’auto a turbina, che fu presentata nel 1954 sulla pista dell’aeroporto di Caselle. E ancora: fu uno di protagonisti del grande progetto che portò la Fiat in Unione Sovietica, proprio negli anni (siamo tra il 1964 e il 1966) in cui la cortina di ferro era quasi impenetrabile. Il libro però non racconta solo la biografia lavorativa dell’uomo che, insieme a Valletta, determinò la motorizzazione degli italiani. Ne ripercorre anche la vicenda umana portando una serie di notizie “di prima mano” ricavate da interviste che l’autrice ha fatto a persone che hanno lavorato a fianco di Giacosa e a suoi familiari. Ne esce un ritratto a tutto tondo del creatore della 500, che ripercorre anche, oltre alla vicenda umana, il suo percorso intellettuale. Semplicità, sicurezza, gusto del bello, ricerca della funzionalità: questi i paradigmi che hanno ispirato i progetti di Giacosa, un uomo che non si accontentava mai delle soluzioni acquisite, dei risultati raggiunti, ma cercava con ogni mezzo altre vie, altre soluzioni possibili. Sullo sfondo, poi, c’è una grossa fetta della storia della Fiat e dell’Italia intera. Gli anni del regime fascista, la guerra, la resistenza, la ricostruzione, il boom economico, le inquietudini del ’68 e la lotta armata. A corredare il lavoro, due significative testimonianze. Quella di Giorgetto Giugiaro, che mosse i primi passi della sua carriera grazie Giacosa che, visitando una mostra di lavori di alcuni studenti, intuì il genio dell’allora giovanissimo designer, e quella di Domenica Romano, fondatore a Garlenda del Fiat 500 club Italia che oggi conta oltre 22 mila soci, tutti accomunati dall’amore verso l’auto che, più di ogni altra, ha “messo le ruote” agli italiani.